Nome attuale della temperanza
Il percorso che ci conduce, in occasione delle feste dei Santi Patroni, ad evocare di anno in anno i riferimenti che scaturiscono dalle virtù civiche, dopo le suggestioni offerte negli anni scorsi dall’esigenza della concordia che si determina nell’esercizio paziente della responsabilità, ci porta quest’anno alla necessità di porre al centro della nostra riflessione il tema della temperanza, della virtù cardine che, essenza stessa dell’equilibrio, nella contemporaneità assume il volto impegnativo della sobrietà.
Virtù civica che interpella i singoli, chiamandoli individualmente ad una decisa presa di posizione critica rispetto ai processi condizionanti della globalizzazione euforica e dell’informazione enfatica, se vogliono mantenere integri la capacità di giudizio di ciascuno e la propria libertà. Ma perché questo accada occorre che il singolo abbia acquisito ed eserciti uno stile di vita rinnovato, che si connota e si sostanzia dei tratti della sobrietà mediante la riscoperta di una spiritualità, genuinamente orientata alla ricerca del bello, del vero e del buono, in una prassi quotidiana aperta all’altro.
La sobrietà è, dunque, virtù civica di relazione, che si esercita sia con se stessi, sia con gli altri e con le cose.
L’esercizio dell’equilibrio e della misura, della capacità di resistere e rinunciare, di mescolare con accortezza elementi apparentemente incompatibili, di sfrondare e tagliare, di temperare e affinare con costanza, insistendo prima con se stessi e poi con accorta disponibilità con gli altri, di servirsi delle cose con equilibrato e rispettoso senso di sé e di chi ci circonda, richiede una continua ripetuta conversione (conversatio) ai connotati più genuini della sobrietà, contribuendo così a costruire l’unico vero stile di vita capace di futuro.
Lo stile di vita che rende l’uomo, secondo le parole di Giovanni Paolo II, capace di “quell’atteggiamento disinteressato, gratuito, estetico che nasce dallo stupore per l’essere e per la bellezza, il quale fa leggere nelle cose visibili il messaggio del Dio invisibile che le ha create” (Centesimus annus, 37).
Una virtù civica dunque, il cui esercizio induce una metanoia, un cambiamento radicale nell’individuo che la pratica. Dall’ebrietas, con un processo di capovolgimento del suo significato, si passa alla sobrietas. Da una condizione di fuori controllo, ebbro, avvinazzato, sopra le righe, senza regole e misura, il cambiamento porta il singolo alla condizione di equilibrio, ad acquisire un atteggiamento misurato e disciplinato, innocente, nel senso di incapace di nuocere, paziente nel senso di capace di compatire, cioè di condividere angustie e pene, empatico con l’altro e il creato. Lo fa consapevole degli altri nel rapporto con se stesso, della serena certezza che… gli altri siamo noi.
Una condizione che rende l’uomo sobrio sicuro di sé, semplice e diretto, essenziale, capace di sintesi nei confronti della frammentazione, di attenzione ed equilibrio contro le assolutizzazioni, disponibile, ma con un criterio gerarchico che lo rende vigile ordinatore delle contrastanti sollecitazioni che lo investono.
Sempre attento a ricordare la contraddizione della condizione umana, evidenziata da Paolo di Tarso, “voglio fortemente il bene, mi ritrovo di frequente ad operare il male” (Romani, 7,19), l’uomo sobrio con accortezza percorre la strada tracciata dalla temperanza, il cui richiamo alla moderazione e dunque alla sobrietà innalza una difesa verso le tentazioni del possedere. Il richiamo all’essere suggerisce il distacco dai beni materiali e dalle cose, intese piuttosto come un mezzo per l’equilibrato progresso di tutti nello sviluppo sostenibile della comunità umana e non già un bene e un fine in sé.
La sobrietà suggerirà allora di abbandonare la frenesia del di più ad ogni costo, anche eticamente inaccettabile perché a scapito degli altri, ma di porsi alla ricerca dell’essenziale di qualità, produttore di armonia, perché rispettoso degli altri e del reale, generatore di bellezza perché capace di comprendere il mondo.
Vera e autentica virtù civica della globalizzazione, la temperanza nella sua declinazione più attuale della sobrietà interpella in modo impegnativo l’uomo contemporaneo, chiamato, come indica Paul Ricoeur nel suo magistero di ricerca, ad assumere una costante apertura interpretativa sulla realtà e ad attrezzarsi così da non tralasciare ogni approccio e ogni strumento che gli consentano di leggere e interpretare, in fin dei conti di vivere la realtà, con quell’atteggiamento di consapevolezza e di misura che sono i tratti più genuini dell’uomo virtuoso in sobrietà.
Antonio Canova,
Amore e Psiche stanti
Parigi, Museo del Louvre
Nel gesto lieve di Psiche, che appoggia delicatamente l'anima-farfalla nelle mani
di Amore, si coglie l'equilibrio estremo, neoclassico, che trae forza dai valori essenziali della vita. Nessuna forza travolge
i due personaggi. Nessuna ricchezza
li avvince.
Two week
… for young people for …
La città chiama a raccolta i giovani.
Li invita e li aiuta a mobilitarsi per diventare protagonisti e artefici di iniziative artistiche, sportive, culturali. Nell’animare col loro entusiasmo e la loro creatività la vita cittadina, essi possono rendere concreto l’auspicio di fare di Brescia an ancient young city for young people, un’antica città giovane per i giovani, che nella responsabilità ed in una ritrovata cultura della sobrietà è certa di poter guardare al futuro con rinnovata speranza, rispecchiandosi nel volto giovane dei suoi Santi Patroni.
![]() |
Associazione Confraternita dei Santi Faustino e Giovita Via San Faustino 74 - 25122 Brescia - info@confraternitasantifaustinoegiovita.it |